Ogni uomo nasce e cresce in un ambiente sociale in cui deve imparare a coordinarsi con gli altri in modo efficace. Fin da bambino egli si trova immerso in una rete di relazioni che si esprimono innanzitutto attraverso il corpo e che richiedono di osservare e reagire alle azioni altrui. Nonostante la tendenza ad interagire sembri emergere spontaneamente e facilmente nelle specie sociali, questa capacità sottintende una serie di abilità molto complesse. Una coppia di ballerini di Tango deve raggiungere una sincronia perfetta dei movimenti, che implica la capacità della ballerina non solo di reagire ai passi del compagno, ma di prevederli in anticipo sulla base di indizi appena percettibili ed elaborare, spesso entro millesimi di secondo, una risposta complementare. Inoltre, molte azioni della nostra vita quotidiana, come passarsi di mano un oggetto, giocare o lavorare insieme implicano questa capacità fondamentale. Per quanto importante, tuttavia, non sappiamo oggi ancora con precisione quali siano i processi cognitivi e le basi neurali che ci permettono di agire in modo coordinato con altri.
A questa domanda ha provato a rispondere il gruppo di ricercatori (Lucia Maria Sacheli, Matteo Candidi e Vanessa Era) dell’Università Sapienza e della Fondazione Santa Lucia di Roma, coordinati dal Prof. Salvatore Maria Aglioti. I risultati dello studio, appena pubblicato sulla rivista Nature Communications, portano a localizzare nell’area parietale anteriore del cervello la sede di questa funzionalità, che ci permette d’integrare l’azione di un partner nel nostro piano motorio. L'ulteriore studio dei meccanismi sottesi a questa interazione potrebbe dimostrarsi in futuro utile per contribuire a fare luce su processi d’interazione umana più complessi di quelli motori, come quelli mediati dalla comunicazione verbale o per catturare indizi relativi ai disturbi delle interazioni sociali.
Nel corso dello studio i ricercatori hanno chiesto a dei volontari sani di coordinarsi con un compagno virtuale (avatar) per afferrare con il massimo sincronismo possibile un oggetto a forma di bottiglia. Nonostante si trattasse di un coordinamento minimale, il paradigma sperimentale ricrea due caratteristiche fondamentali di ogni interazione motoria, anche la più complessa: il coordinamento spazio-temporale con un partner che si muove di fronte a noi. Durante l’esperimento i ricercatori hanno quindi inibito la reattività di specifiche aree cerebrali mediante una metodica di stimolazione cerebrale non invasiva (stimolazione magnetica transcranica). I risultati hanno dimostrato che dopo l’inibizione del solco intra-parietale anteriore (aIPS), la capacità di coordinamento interpersonale diminuisce sensibilmente. Non diminuisce, invece, la capacità d’imitazione dei movimenti osservati nel compagno virtuale suggerendo che l'interazione complementare richiede risorse cognitive e neurali diverse dall'imitazione e che queste due funzioni sono rese possibili da parti diverse del nostro cervello.
LINK alla pubblicazione:
www.nature.com/ncomms/2015/150708/ncomms8544/full/ncomms8544.html